La pesca “alla tratta” è nota anche con il nome di pesca alla sciabica (detta in fanese trata), ma anche sciabbica o sciabiga per via del tipo di rete utilizzata. Questa antica tecnica di pesca costiera “povera” è una delle più antiche del Mediterraneo; infatti, sono state ritrovate pitture tombali egizie, ceramiche fenice, cartaginesi e greche raffiguranti questa antica usanza e si dice addirittura che anche la pesca miracolosa dei Vangeli venisse effettuata con una rete simile a quella della sciabica.
Era praticata dai pescatori di professione, ma anche dai non addetti ai lavori: nella dozzina di persone che vi prendevano parte, erano infatti comprese anche donne e figli giovani. Molto in uso sul litorale romagnolo (ma anche lungo buona parte della costa adriatica) fino agli anni Cinquanta e poi non più autorizzata in quanto ritenuta troppo impattante. La “tratta” si pratica in acque strettamente costiere e il salpamento viene effettuato a forza di braccia dalla riva, tirando la rete dalla spiaggia, con movimenti ritmati che assomigliano ad una danza silenziosa. Era una pesca che si svolgeva con una piccola barca, di solito una “battana” o “batana”, e che veniva effettuata da compagnie di pescatori che si spostavano lungo la costa. Consisteva nell’intrappolare più pesce possibile nella rete (che poteva essere lunga da poche decine ad alcune centinaia di metri ed era alta più o meno 1 m) che veniva disposta in modo tale che da un lato strisciasse sul fondo e dall’altro rimanesse tesa verso la superficie creando un ampio semicerchio attraverso un capo della rete fissato sulla battigia. I pescatori, disposti su due file, tiravano a terra la rete che, strisciando sul fondale, catturava tutto il pesce rimasto impigliato nel semicerchio. La rete presenta dimensioni piuttosto variabili e la stessa presenta delle pezze di forma e dimensioni diverse. La pezza a maglie piccole costituisce il sacco terminale, mentre le braccia della rete hanno maglie grandi, che diminuiscono gradualmente verso il centro della stessa e sono molto lunghe rispetto al corpo e al sacco (detto cova), che ha una superficie di 20 m2. Lungo i bracci e il sacco corrono frequenti pezzi di sughero che, in corrispondenza della bocca del sacco, sono fittissimi. L’apertura verticale della bocca è assicurata da due “lime”: quella dei piombi, che costituisce la zavorra, e quella dei galleggianti. La tratta si tira la mattina presto, la sera e la notte. In una notte, in condizioni favorevoli con buon passaggio di pesce, possono essere fatte in media otto tirate. In ogni tirata si possono prendere da 15-20 kg a 5-6 quintali di pesce.
La qualità di pesci, catturati in questo modo, è varia a seconda delle stagioni: in primavera prevalgono sarde e sardoni (alici), in estate triglie, seppie, mugelle (cefali), sgombri, ecc., in inverno aguzzelli, anguille e saraghine.
Questa tipologia di pesca aveva una sua ritualità; infatti, spesso veniva accompagnata da canti popolari e ai pescatori talvolta si aggiungevano i contadini che lasciavano per un giorno le loro terre e scendevano al mare per trovare sostentamento alla loro economia familiare.
Oggi la pesca alla tratta è pochissimo praticata in quanto soggetta a numerose limitazioni a causa dell’impatto che provoca a livello dei fondali, e risulta sia stata praticata, almeno in Romagna, sino agli anni ’70 dello scorso secolo per essere poi vietata dalla normativa sulla pesca uscita proprio in quegli anni. Capita che alcune concessioni vengano però rilasciate in occasione delle numerose rievocazioni storiche che interessano le Marche come la Sicilia, la Sardegna come la Liguria. Rievocazioni relative a questa tipologia di pesca si svolgono in varie parti della costa adriatica, tra queste si ricorda la rievocazione che l’Associazione “Rimini per tutti onlus” fa da diversi anni, raccontando la tradizione della “tratta” attraverso la raccolta della documentazione e delle testimonianze di questa antica forma di pesca, realizzando rievocazioni storiche delle antiche tecniche marinare della Romagna che coinvolgono riminesi e turisti. Questa pesca tradizione è oggetto di rievocazione anche a Cesenatico.
La Festa della Tratta è anche l’evento più caratteristico dell’estate di Marotta, antico borgo marinaro posto tra le due più note località balneari di Fano e Senigallia. La rievocazione di questa pesca tradizionale, che si svolge nel mese di luglio, è stata promossa dall’Associazione Culturale Malarupta. C’è però un problema sulle autorizzazioni in deroga, infatti il MIPAAF, visto l’aumento delle rievocazioni, tende ora a negare l’autorizzazione; quest’anno il museo di Cesenatico (che con la sua comunità di praticanti ne organizza quattro in estate) è riuscito ad ottenerla, dopo l’iniziale diniego e solo dopo avere coinvolto il Ministero della Cultura – Ist. Patrimonio Immateriale. Sarebbe opportuno avviare un tavolo di confronto su questo tema perché altrimenti si tratta di un patrimonio immateriale a rischio di scomparsa.