La fabbricazione delle reti da pesca in origine veniva effettuata utilizzando fibre naturali, soppiantate adesso dalle fibre sintetiche, ed era effettuata per lo più dagli uomini.
Le reti da pesca sono lo strumento fondamentale di ogni pescatore, ma si tratta anche di oggetti estremamente delicati: per questo, vanno trattate con moltissima cura, per evitare nodi, strappi o peggio. Per aumentarne la resistenza, un tempo le reti fatte con fibre naturali venivano sottoposte ad un trattamento finale consistente nella loro bollitura in acqua contenente la cosiddetta “mondiglia”, cioè gli scarti della sgusciatura e della ventilazione delle castagne che, per l’elevato tenore in tannino, si caratterizzavano per le capacità tintoree. Per questo le reti presentavano una caratteristica colorazione marrone, che le rendeva anche mimetiche per i pesci oltre che più resistenti all’usura. Tale trattamento doveva essere ripetuto più volte durante l’anno dal momento che l’effetto del trattamento si perdeva con l’uso. Purtroppo, però, le reti da pesca durante il loro impiego possono rompersi e presentare buchi da ripristinare in fretta per poter essere nuovamente usate. Durante il suo uso normale, una rete da pesca può rovinarsi anche piuttosto spesso e per riparare i buchi e gli strappi, prima di tutto, bisogna posare la rete su una superficie piana, ed effettuare un controllo approfondito per capire dove sono i fori e quale è la loro entità. Poi bisogna intervenire con l’ago da pescatore e con il nodo giusto, che il più delle volte è un nodo bandiera o un nodo incrociato. Riparare una rete da pesca nel modo giusto è tutt’altro che semplice, e non a caso i “rammendatori” di reti sono artigiani che mettono la loro competenza al servizio dei pescatori da secoli.
La cucitura e la riparazione delle reti da pesca è un’arte che si tramanda di generazione in generazione. È un mestiere praticato in tutto il mondo fin dall’antichità ed è quasi in estinzione. Si tratta di riparare le reti, con l’ausilio di un ago (chiamato cucella o linguetta ma anche mòdano1, a seconda del gergo, caratterizzato dalla doppia cruna aperta) e filo, dove avviene uno strappo, per poter riutilizzare la rete. Gli aghi consentono al cavo di riparazione di passare rapidamente attraverso la rete. Inoltre, la caratteristica forma dell’ago consente di avere una riserva di cordone che viene erogata ruotando l’ago all’estremità mentre il lavoro procede. Tipicamente, gli aghi più piccoli sono fatti di plastica stampata e gli aghi più grandi sono fatti di legno duro.
Il pescatore costruisce maglie quadrate attraverso nodi e, come per magia, la rete torna ad essere come alla sua uscita dalla fabbrica. In tempi antichi erano le donne delle famiglie di pescatori ad occuparsi della riparazione delle reti, oggi sono i pescatori stessi a provvedere. È un mestiere vero e proprio che rappresenta la diversità e la creatività umana. Sebbene tale pratica possa essere considerata sovrannazionale, in Italia sono ormai pochi i detentori di tale sapere, tanto che sono stati recentemente attivati alcuni corsi per “retai”, “retieri”, “retanti” o “mastroretai” (ilrestodelcarlino.it), proprio in risposta alla richiesta di alcuni pescatori della marineria di Cesenatico.
Una descrizione dettagliata del procedimento di esecuzione della rete da pesca è reperibile in un testo del 1849 (Nuova enciclopedia popolare, 1849), alle pagine 160-162 del Volume 11.